Giustizia riparativa

La giustizia riparativa è una giustizia che pone al centro la persona. La riparazione è un modo di rispondere al reato con un incontro di volti.

Direttiva 2012 UE

 

Adesione al Tavolo
di Giustizia Riparativa

In data 28 novembre 2019 A.S.A.V. ha aderito al Tavolo di Giustizia Riparativa di Verona sottoscrivendo il Manifesto qui sotto:

Manifesto del tavolo
Adesione al tavolo

Uno sguardo nuovo sul fatto-reato

Il reato, nell’approccio riparativo, non è solo un evento allarmante che si legge sui giornali e del quale si occupano le Istituzioni, le forze di polizia e il tribunale, ma è un evento “relazionale” che pone, appunto, in relazione più soggetti: il reo, la vittima e l’intera comunità in cui quel fatto si inserisce.

Sostenere la giustizia riparativa significa promuovere l’idea per la quale la risposta al reato ha come fine la riparazione, nei limiti del possibile, degli effetti lesivi che il reato ha cagionato alla vittima, al suo entourage di relazioni e alla società stessa, senza trascurare con ciò le esigenze di responsabilizzazione dell’autore di reato.

La Giustizia, per essere efficace, dovrebbe prendersi carico non solo di chi commette il reato, ma dovrebbe promuovere un percorso di responsabilizzazione di tutti gli attori in causa (colpevole, vittima, e comunità) e consentire:

  • una risposta attiva del condannato, in un’ ottica trattamentale;
  • un coinvolgimento diretto della vittima (singola o collettività);
  • una riappropriazione della propria sicurezza da parte della società, delle Istituzioni ed dell’opinione pubblica.

La Decisione Quadro del Consiglio d’Europa

Oggi chiedersi se sia opportuno o meno aprire, anche in Italia, servizi per le vittime di reato non è più solo una questione di opportunità o giustizia: il Consiglio d’Europa, con una Decisione Quadro del 25 ottobre 2012 relativa alla “posizione della vittima nel procedimento penale” vincola, seppure senza avere efficacia diretta, tutti gli Stati membri a porre rimedio al problema della tutela della vittima di reato.

La Decisione Quadro prevede:

  • un’uguale tutela e una elevata protezione alle vittime della criminalità a prescindere dallo stato in cui si trovano;
  • “misure di assistenza alle vittime” prima, durante e dopo il procedimento penale, col fine di diminuire gli effetti del reato (e non si limitano, quindi, solo al procedmento penale in senso stretto);
  • l’istituzione di servizi specializzati di assistenza alle vittime di reato, puntualizzando l’importanza, sia per le vittime, sia per conseguire gli obiettivi del procedimento, della formazione delle persone che entrano in contatto con la stessa vittima.

Si tratta di disposizioni alle quali l’Italia ha dato attuazione in modo solo parziale e marginale e che non sono, per l’importanza dei soggetti e delle questioni affrontate, ulteriormente prorogabili.

L’ordinamento italiano non prevede nessuna normativa specifica a tutela di tutte le vittime di reato e la nascente sensibilità verso le vittime (testimoniata anche dalla presentazione di alcuni progetti di legge) è da ricercarsi più nelle sollecitazioni europee ed internazionali.

La mediazione penale

La mediazione è lo strumento principale per l’applicazione concreta del modello riparativo. Il mediatore è quella presenza che, attraverso l’esposizione della sua impotenza di fronte al fatto accaduto, attraverso una calda astensione dal giudizio, cala il reo e la vittima nel territorio difficile della ricerca dei valori lesi dal reato.

La mediazione penale, strumento principale della giustizia riparativa, dà la possibilità alla vittima di guardare negli occhi l’autore di reato e fargli quella domanda, sintesi del suo dramma: “Perché a me?”.
L’esito della mediazione penale è duplice:

  • la vittima trova il proprio posto, può dare un volto, un corpo al reato subito. La personalizzazione coincide spesso con una riduzione del danno subito;
  • l’autore di reato è costretto a responsabilizzarsi, a stare davanti alla domanda della vittima, a cercarne risposta. La mediazione fa vedere al reo che dietro ad una norma scritta e fredda c’è il volto di qualcuno che soffre.

Il risultato è un metaforico e concretissimo prendersi cura l’uno dell’altro, mediato da una persona competente che ne regola delicatamente l’andamento.